CICCIO PASTICCIO

Una bionda signora, dagli occhi chiari e le gambotte con ciabatte, come la padrona del gatto Silvestro, andò in cucina per prendere un sonnifero.

Il confetto cadde e scomparve nel pavimento. La signora fece spallucce e pigrottamente si impasticcò con un’altra, dicendo fra sé e sé “Ci penserò domani!”

Nella notte, sul punto di addormentarsi, cominciò a sentire il suono sordo di strani tonfi:

PLUFF…PLUFFETE… PATA-PLUFF… e ancora… PLUFFETE…

Era Ciccio, il micio color del cognac, che, con quella sua faccia tosta, tutte le aveva passate e sempre e, comunque, le aveva superate. Ora, però, non stava più in piedi.

Tentava di saltare sul letto, ma si rovesciava su un lato e si arrotolava come un gomitolo.

Ciccio le aveva avute tutte e tante ne aveva fatte patire anche a chi gli era stato vicino. In bagno, poi, combinava certi disastri, da meritarsi il nome di Ciccio Pasticcio.

Lui non ci badava affatto e, sicuro di sé, era sempre socievole e disponibile a mangiare, giocare e fare capriole. Cose incredibili per un gatto di ben 17 anni!

Quella notte, però, la situazione era davvero grave: gli occhi sbarrati, la lingua di fuori e le manine e i piedini inerti. E pensare che fino a poche ore prima aveva anche divorato di gusto le sue belle fettine di roast-beef. E poi… E poi… la catalessi!

La bionda signora si preoccupò molto e, presto, presto al pronto soccorso lo portò. Il medico di guardia lo visitò e disse che era una situazione neurologica piuttosto grave. Il micio non ci vedeva, non stava più in piedi e reagiva come un ubriaco in preda ad una grande, grandissima sbronza. Forse vittima di un ictus o di una chissà quale invalidante patologia grave, riverso sul tavolo d’acciaio della clinica, Ciccio fu preso in braccio e lungamente coccolato, così come si può fare, quando ormai non c’è più niente da poter fare.

Fu riportato a casa in osservazione per le sue ultime 48 ore.

Durante la notte, mentre in parecchi si preoccupavano per la sorte del povero Ciccio Pasticcio, alla bionda signora, però, il conto non tornava. Dov’era andata a finire quella sua benedetta… maledetta pasticca? Persa per sempre sul suo pavimento? Dov’era…? Perché non c’era…? Insomma, dov’era andata a finire La PASTICCA? Chi avrebbe mai potuto prenderla?

Chi…Chi… Chi l’aveva, in effetti, mangiata?

Il ghiotto Pasticcio l’aveva ingoiata, e, per lui, quello era un dosaggio da cavallo, per cui si era drogato.

Per tutta la notte brancolò nel suo torpore, riprendendosi sempre di più.

Il giorno dopo, come suo solito, mangiò e bevve in quantità. Del tutto dimentico del suo mirabolante esperimento farmacologico, ritornò a leccare la padrona e a fare capovolte. Ovviamente, per rimanere degno di essere il Ciccio Pasticcio di sempre, riprese subito a combinare tanti pasticci, così come aveva sempre fatto e, così come, per sempre, farà.

                                                                                                                      Josephina

Pubblicato sul n. 1 anno 2010 de Il Corriere degli Animali.